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Riscossione degli enti locali: la beffa, ma soprattutto il danno

L’emendamento al testo della legge di bilancio che esclude operatori e pratiche del recupero stragiudiziale contraddice il bando Consip d’inizio anno. E così facendo, oltre che causare danni al cittadino e alle stesse PA, brucia investimenti, sviluppo, aziende, occupazione.

E siamo daccapo.
O meglio, torniamo indietro.
In altri casi avremmo parlato di una decisione improvvida, su cui “normalmente” battersi affinché il legislatore rimetta, prima o poi, le cose a posto, ma in questo caso ci sentiamo di suonare l’allarme e di suonarlo forte, per quanto è in nostro potere.

Stiamo parlando, l’avrete capito, dell’ormai famigerato emendamento al decreto che prima di Natale diventerà presumibilmente legge di bilancio 2018, il quale limita ai soli soggetti iscritti all’albo dei riscossori lo svolgimento delle attività di supporto o propedeutiche all’accertamento e alla riscossione delle entrate degli enti locali.
E già da qui, al netto di ulteriori considerazioni, si apre un interessante filone di discussione. Ne abbiamo già parlato a più riprese su StopSecret, ma un breve focus di riassunto sul tema non guasta. La limitazione appare totalmente iniqua, sul piano logico come su quello della concorrenza: tutte le imprese aderenti a Unirec – l’associazione di categoria che in modo più sentito si sta battendo su questo fronte – sono autorizzate dal Ministero dell’Interno ex art. 115 TULPS e, soprattutto, hanno sottoscritto un codice di condotta incluso tra le best practice a livello europeo. Questo sul piano formale.

Ma è nella sostanza che a perderci, in primis, risultano le stesse entità pubbliche private del supporto dei professionisti. Pratiche virtuose, collection rate inimmaginabili, esperienza e capacità di mediazione e dialogo: tutto buttato alle ortiche. Di più: chi fa le leggi rinuncia di fatto, in nome e per conto di tutti, all’attività di recupero del credito stragiudiziale che privilegia la fase negoziale nella riscossione, e ribadisce al contrario, non si fosse capito, la scelta di un approccio punitivo e “sbirresco”. Se, per una volta,  fosse balenata la chance di mostrare rispetto per le esigenze del cittadino debitore, l’abbiamo già bypassata e scordata. I (tar-)tassati incassano e sentitamente ringraziano.

C’è però un terzo dato, oggi, da considerare, che rende ancora più pesante la linea seguita dal Governo, e dalle due parti del Parlamento avallanti.
Il testo all’esame della Camera giunge appena un anno dopo che il recupero stragiudiziale era entrato ufficialmente nel campo della riscossione dei tributi locali. Lo aveva fatto attraverso il maxi-bando, pubblicato da Consip sul portale Mercato elettronico della Pa (Mepa), dedicato alla qualificazione nelle attività di supporto alla riscossione dei tributi. Il documento fissava i criteri per l’accreditamento degli operatori e organizzava il settore in quattro ambiti di attività: la riscossione ordinaria, l’accertamento, la riscossione coattiva e, appunto, il recupero stragiudiziale.

Non riteniamo necessario aggiungere che il bando qualche effetto, nel frattempo, l’ha prodotto: gare d’appalto preparate, affrontate, vinte; mezzi e personale di società e operatori potenziati e integrati all’uopo – noi siamo professionisti -; investimenti, aspettative, rapporti personali e aziendali avviati e portati avanti.
Con un bel colpo di spugna, tutto cancellato. Serve la traduzione? Posti di lavoro, possibilità di sviluppo, affidamenti bancari, legittime attese di chi ha speso tempo, denaro, energie vanno oggi in fumo, con supremo disprezzo da parte della mano pubblica, tanto per cambiare, del cittadino lavoratore e imprenditore.
Come avrebbe ben detto Cicerone in questo caso, fino a quando si abuserà della nostra pazienza, disponibilità, entusiasmo?

di Cosimo Cordaro
© Riproduzione riservata


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