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Concorrenza sleale, condannato ex agente per sviamento di clientela

Per la Corte d’Appello di Bologna è concorrenza sleale il comportamento di un ex agente che ha trasferito informazioni riservate, apprese durante il rapporto d’agenzia, in una nuova società da lui costituita
La Corte d’Appello di Bologna conferma quanto dichiarato dal Tribunale di Modena e condanna un ex agente al risarcimento danni per atti di concorrenza sleale e sviamento di clientela. Secondo l’articolo 2598, comma 3, del Codice Civile è concorrenza sleale “quell’attività contraria ai principi di correttezza professionale e idonea a danneggiare l’altrui azienda, indipendentemente dall’affettivo verificarsi di un pregiudizio a carico del soggetto passivo”.
Il caso in questione riguarda una società, denominata Alfa, agente di Beta, che, insieme ad alcuni ex collaboratori di quest’ultima, ha fondato la società Gamma, sfruttando in modo illecito informazioni riservate e acquisite nel corso del precedente rapporto di agenzia con Beta. Nonostante tra la società Alfa e la società Beta non sussistesse alcun vincolo legale o contrattuale di non concorrenza, per il Tribunale di Modena il comportamento di Alfa era stato giudicato come atto di concorrenza sleale. Infatti, come dimostrato dai giudici, le informazioni riservate trasferite alla società Gamma non erano patrimonio personale degli ex agenti, ma informazioni che quest’ultimi avevano appreso internamente a Beta, nel corso del rapporto lavorativo, pertanto, sarebbero dovute restare confidenziali e di esclusiva proprietà di Beta.
La Corte d’Appello ha sottolineato inoltre la condotta “sistematica e parassitaria” di Alfa nel far confluire la clientela di Beta nella neo costituita Gamma e trarne indebitamente vantaggio. Tutt’al più, che le informazioni, usate in modo fraudolento da Alfa, erano espressamente qualificate come “riservate” nel cessato rapporto di lavoro tra Alfa e Beta, nel quale la violazione dell’obbligo di riservatezza legittimava Beta a risolvere il contratto e a chiedere il risarcimento dei danni, anche in assenza del patto di non concorrenza. La Corte ha osservato infine che “quando l’atto di concorrenza sleale sia stato compiuto da chi non sia dipendente dell’imprenditore che ne beneficia, la responsabilità di quest’ultimo viene affermata sulla base della regola dell’art. 2598 n. 3 c.c., che qualifica concorrenza sleale anche l’avvalersi indirettamente dei mezzi non conformi ai principi della correttezza professionale”.

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