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Credito e crisi, per il settore previsti margini a -10% nel 2020

Le analisi presentate da esperti e manager nel corso del webinar “La gestione del credito ai tempi del coronavirus”. In calo del 26% le somme recuperate. Tra le imprese soffrono di più turismo, commercio dauto, costruzioni e meccanica. Positivo lo slancio verso innovazione tecnologica e Reti.
Si è tenuto giovedì 14 maggio il seminario online “La gestione del credito ai tempi del coronavirus”, organizzato da StopSecret Magazine in partnership con MeetEasy.
Il confronto tra esperti, introdotto e moderato dalla giornalista di Affaritaliani.it Debora Bionda, è stato seguito da oltre 500 professionisti ed esponenti di società attive nel settore del credito.
Il webinar ha trasmesso informazioni e punti di vista utili ad affrontare la gestione del credito e la sua evoluzione nel complicato scenario che si delinea, giorno dopo giorno, in seguito alla sospensione per due mesi di quasi tutte le attività economiche al fine di contrastare la diffusione della pandemia.
Il vicepresidente di UNIREC – Unione Imprese a Tutela del Credito -, Carlo Giordano, e il segretario generale Michela De Marchi hanno presentato un’analisi che fotografa a tinte piuttosto fosche il presente delle imprese del settore e ne immagina il prossimo futuro.
I numeri della crisi, con il dato dello scorso marzo confrontato allo stesso mese del 2019, parlano di un aumento del 25% delle pratiche affidate alle aziende associate, ma di una contemporanea caduta del recuperato, pari al 24,59%. Il conto si fa ancora più sconfortante guardando agli importi: -8,42% l’affidato, -26,40% il totale recuperato.
Desolante il panorama delle performance nei macro-settori operativi. Per quanto riguarda le banche si va, come numero di pratiche recuperate, dal -23,9% pre-DT al -90,16% delle sofferenze (in importi -31,81 e -93,21%). Per il credito al consumo il deficit viaggia tra -17,70% (pre-DT) e -64,32% (sofferenze) quanto a pratiche recuperate, -29,96% e -56% in tema d’importi. Telco e Utility raccontano di pratiche a -30,2% e valori a -47,3%.
Ipotizzando che le condizioni fin qui osservate perdurino fino a fine anno, il margine operativo lordo medio, per le imprese del settore, a dicembre potrebbe assestarsi su un catastrofico -10%. Con prevedibili conseguenze sulla sopravvivenza di molte organizzazioni e sull’occupazione (a oggi il 70% delle imprese del settore sono ricorse agli ammortizzatori sociali).
Sul piano generale, per Cribis e Crif Rating Agency, che hanno analizzato 84mila PMI italiane, per un fatturato superiore a 700 miliardi, il 45% del campione ha affrontato l’emergenza senza avere le spalle coperte dal punto di vista finanziario. Il fabbisogno complessivo di liquidità di queste imprese, per il 2020, è stimato nell’ordine di 60 miliardi, mentre la loro generazione di flussi di cassa coprirà quest’esigenza per soli 15 mliliardi.
L’impatto più pesante della situazione corrente sarà sopportato dai settori turismo/leisure, commercio di veicoli, prodotti metallici, costruzioni e meccanica. Come prevedibile, invece, navigheranno in acque tutto sommato tranquille farmaceutico e ICT/media/TLC.
Disastri ovunque si guardi, quindi? Non proprio. Secondo Mauro Gottardi di ACS Data Systems la necessità di comunicare, lavorare, sviluppare in remoto ha generato nelle imprese italiane una forte accelerazione sul fronte delle tecnologie e delle reti, ambiti nei quali soffrivano di un ritardo storico. Se lo spunto sarà colto e si investirà proficuamente in questa direzione, evolvendo pratiche e policy, nel periodo medio/lungo si potranno ottenere consistenti risultati virtuosi sul fronte di produttività, efficienza e risparmio. Anche in regime di smart working, che dovrà divenire molto più che semplice telelavoro.

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