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Imitazione, alterazione e contraffazione: gli strumenti a disposizione del grafologo giudiziario

I 3 più frequenti “esercizi criminosi”

Imitazione, alterazione e contraffazione sono i 3 più frequenti “esercizi criminosi” con cui deve fare i conti il grafologo forense; Apparentemente semplici nella loro identificazione questi comportamenti vengono dai più confusi tra loro mentre è importantissimo che soprattutto gli operatori del settore conoscano bene le differenze e i differenti accertamenti tecnici operabili in ogni singolo contesto investigativo.

Parliamo di IMITAZIONE quando una mano tenta di produrre più o meno pedissequamente o tramite metodi quali il CALCO la grafia di terza, ignara, persona. E’ senza dubbio l’attività di più antica data tra quelle indicate per la quale si applica, generalmente, il metodo grafologico – grafonomico orientato all’attribuzione di paternità di una scritto. Nel caso in cui il documento prima di essere realizzato nella sua forma ultima fosse stato scritto a matita e sovrascritto poi a penna cancellando la grafite è possibile appurare l’esistenza di solchi ciechi, osservando il cartaceo con luce bianca in modalità radente, e le micro tracce di lapis residuali sottoponendo lo stesso ad indagine con sorgente luminosa all’infrarosso (IR):

Un documento si dice ALTERATO quando ha “subito” l’eliminazione di parte del suo contenuto che è stato “cancellato” tramite abrasione meccanica e/o attraverso l’uso di efficaci e sempre meno aggressive sostanze chimiche. Nello svolgimento della sua attività il grafologo forense può, e a mio parere deve, essere in grado di operare un’indagine preliminare volta a verificare l’integrità del tessuto cartaceo di dato documento: tale attività viene operata illuminando il documento sottoposto a verifica con luce ultravioletta (UV) in grado di evidenziare alterazione della matrice cartacea.

Si parla di alterazione anche quando, con una penna dello stesso colore di quella usata dall’autore si da non destar sospetto, vengono inserite parole che modificano il contenuto di quanto scritto precedentemente (si pensi per esempio ad un testamento in cui viene inserito in maniera fraudolenta il nome di un testatore) o si modificano porzioni di uno scritto alterandone in modo sostanziale il significato e/o il valore (ed è questo il caso semplicissimo con cui la cifra €300 diventa €800). Indagando un documento che si sospetta abbia subito questo tipo di alterazione attraverso l’utilizzo di una sorgente IR (infrarosso) è possibile verificare la coesistenza di due differenti penne, seppur di identico colore, all’interno dello stesso documento grazie alla differente riflettenza dei diversi inchiostri. A quel punto, nel primo dei due casi descritti, il compito del grafologo sarà quello di appurare l’omografia della parola inchiostrata differentemente con il resto del testo si da poterla ricondurre alla stessa mano o , al contrario, disconoscerne l’origine.

Infine, ma non certo per importanza, troviamo il caso della CONTRAFFAZIONE che si presenta quando ci troviamo di fonte ad un documento parzialmente o completamente creato in modo artificioso

In ambito bancario capita, a tal proposito, di assistere a “contraffazioni complesse” in cui un titolo di credito (un assegno per esempio) viene scansionato con strumenti ad altissima risoluzione, modificato e stampato si da presentarsi apparentemente autentico; In questo caso l’accertamento piuttosto semplice è quello operato attraverso l’indagine in ultravioletto (UV) del documento che nel caso di falso risponderà all’illuminazione cui è sottoposto differentemente da un titolo di credito autentico in quanto privo degli elementi caratterizzanti quest’ultimo presenti nel tessuto cartaceo.

Ci capita poi piuttosto sovente di imbatterci in produzioni totalmente create attraverso l’utilizzo di ritagli di giornali, scritti effettuati con sofisticati pantografi o con normografi che alterano completamente la produzione grafica dell’autore. In questo caso, frequente nella corrispondenza anonima, in termini strettamente grafologico – grafonomici, non c’è molto da fare; Ciò nonostante al fine di acquisire prove utili all’identificazione dell’autore e orientare le indagini, spesso la magistratura dispone l’accertamento dattiloscopico volto ad esaltare le impronte digitali dell’artefice della contraffazione.

Alla luce di quanto sopra illustrato consiglio di rivolgersi sempre a grafologi forensi in grado, in un ottica multidisciplinare, di espletare sempre e su tutti i documenti gli accertamenti in luce radente, infrarosso ed ultravioletto: tali accertamenti, assolutamente RISPETTOSI DEL DOCUMENTO INDAGATO, possono talvolta dare risposte veloci, immediate e documentabili risolutive delle questioni giuridiche poste al consulente stesso.

di Cristina Sartori – www.grafologoperitale.it
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