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Raffaele Sollecito: “Assoluzione grazie al lavoro di consulenti e investigatori privati”

Le consulenze e le indagini difensive al servizio della verità processuale

Ho seguito fin dal principio le vicende legate al “delitto di Perugia”, ma le ho seguite documentandomi, approfondendo, entrando nelle carte del processo, leggendo pagine e pagine fino a quando quasi per pura casualità ho avuto il piacere di conoscere Raffele Sollecito; tutto è iniziato con un mio messaggio, scritto dopo aver letto l’ultima pagina del suo libro “UN PASSO FUORI DALLA NOTTE” che dopo poco tempo, come in un effetto domino, mi ha portata a stringere la mano a quello che per anni è stato da tutti ritenuto uno spietato assassino, a quel Sollecito che con tale Amanda Marie Knox e Rudi Hermann Ghede avrebbe tagliato la gola ad una povera studentessa inglese in Erasmus a Perugia, Meredith Kercher.

Tralasciando tutti gli aspetti umano – sentimentali ma guardando al caso di Raffaele come ad un ORRORE GIUDIZIARIO che non può e non deve ripetersi mi trovo qui, oggi, ad “intervistare” l’Ing. Sollecito con la curiosità di chi come me opera nel settore investigativo, per capire come le indagini difensive di cui si è avvalso nel suo lungo iter processuale (8 anni di cui 6 mesi in isolamento e 4 anni in un carcere di massima sicurezza) abbiano davvero fatto la differenza e decretato la sua assoluzione “per non aver (…) commesso il fatto” (Sentenza del 27 marzo 2015 – Corte Suprema di Cassazione – V SEZIONE PENALE).

Di quali consulenze tecnico/investigative ti sei avvalso durante la battaglia giudiziaria? E, rispetto alle stesse eseguita dai consulenti del PM, a quali conclusioni sono giunte?
Mi sono avvalso di moltissime consulenze investigative, perché abbiamo da subito notato che i documenti prodotti dagli inquirenti erano lacunosi e spesso inspiegabilmente tendenziosi. Insomma, non c'era nulla di obiettivo e doverosamente approfondito, ma erano veramente tantissimi i punti a me contestati. Abbiamo fatto una battaglia serrata su:
– il vetro rotto nella stanza di una delle coinquiline di Meredith che secondo l'accusa era una simulazione di furto. In realtà fu un tentativo di furto vero e proprio, sfociato poi nella tragedia di un omicidio;
– le tracce biologiche sul coltello da cucina sequestrato a casa mia, che per l'accusa era l'arma del delitto anche se noi poi scoprimmo che sullo stesso non esisteva alcuna traccia di sangue di Meredith;
– un' impronta di scarpa insanguinata lasciata dall'assassino vicino al corpo della vittima. Fu attribuita a me per lunghissimo tempo ma poi scoprimmo che come dimensione e numero di cerchi concentrici non corrispondeva alle mie scarpe;
– un'orma molto frammentata di piede nudo fu attribuita a me per forma e dimensioni. Il problema serio era che chi aveva firmato quella consulenza, da parte del PM, non aveva nessuna competenza in ambito morfologico e di medicina legale essendo gli stessi uno un dattiloscopista e l'altro un fisico. Non abbiamo mai avuto risposta in merito al motivo che spinse la Procura ad affidarsi a persone incompetenti per realizzare quella consulenza, ma fummo costretti a ribattere con una consulenza difensiva di un esperto in morfologia;
furono sequestrati ben 4 computer portatili appartenenti a me, ad Amanda e alle altre coinquiline nella casa del delitto. Inspiegabilmente i tecnici della polizia postale riuscirono in modo alquanto sorprendente a bruciare gli Hard Disk di ben 3 computer su 4. il quarto, che è mio, ha dato molte informazioni della mia interazione durante la sera del delitto, ma anche questa volta, gli inquirenti hanno provato a spostare l'ora della morte della ragazza negli orari in cui non interagivo con il mio computer;
anche la mia telefonata ai carabinieri è stata travisata ed i risultati interpretati dagli inquirenti fino al punto che fui accusato di aver telefonato ai carabinieri dopo l'arrivo della Polizia Postale. Tutto questo non era assolutamente vero e per dimostrarlo ci siamo dovuti avvalere dell'esperta consulenza di un ingegnere delle telecomunicazioni che ha fedelmente ricostruito tutti i tempi e le telefonate intercorse in quei giorni di tutti i protagonisti di questa triste vicenda;
– non ultimo il gancetto del reggiseno della vittima, che secondo la Procura era la Prova Regina che mi inchiodava sulla scena del crimine. Dopo anni di battaglie legali, siamo riusciti attraverso il nostro consulente Prof. Adriano Tagliabracci a dimostrare che anche quella prova era contaminata, travisata e totalmente inutilizzabile perché ormai sporca di tantissimi DNA diversi dovuti, appunto, alla repertazione tardiva, rocambolesca, priva di qualsiasi professionalità, senza che fosse stata rispettata alcuna delle regole anche in fase di custodia e analisi del reperto. Per molti aspetti, dopo attente verifiche, la storia di questo gancetto, sia per noi che per i Giudici è a dir poco inquietante.
Alla luce di tutto questo ritengo che le indagini difensive siano uno strumento assolutamente indispensabile.

L’inconsistenza delle prove portate dall’accusa é stata ampiamente dimostrata ed ha evidenziato la cattiva gestione di questo caso da parte della polizia scientifica. Che atteggiamento hai, oggi, nei confronti di persone la cui vita dipende da questi tipi di analisi?
Quando si discusse il mio caso molti laboratori erano “fuori norma”, alcuni, addirittura, praticavano senza nemmeno conoscere i protocolli con le conseguenze drammatiche che io, sopra tutti, conosco. Oggi l’augurio è quello che gli organi di Polizia Scientifica e i Carabinieri si siano finalmente certificati adeguandosi a tutti le procedure internazionali di indagini forensi.

Buona parte dei lavori processuali ha riguardato inutili dettagli “di colore” come il colore di articoli di biancheria intima, gadget vari, soprannomi. Quanto han pesato le suggestioni alimentate dai media nel plasmare l’immagine dei protagonisti del processo?
Il battage mediatico è semplicemente servito a demonizzare l'imputato a prescindere da tutto, per po
i servire il piatto caldo caldo al Giudice giudicante con tutto il supporto del risentimento popolare.

L’accusa ha modificato più volte le proprie ricostruzioni ma mantenendo sempre te ed Amanda nel ruolo dei colpevoli nonostante l’assoluta scarsità di prove e moventi. Perché questa insistenza su voi due?
Il Questore di Perugia aveva indetto una conferenza stampa 4 giorni dopo l'inizio delle indagini dichiarando: "Abbiamo i colpevoli: Amanda Knox, Raffaele Sollecito e Patrick Lumumba. Meredith è stata uccisa al termine di un'orgia andata a finire male". E’ difficile, per orgoglio, carriera, arroganza che sconfina nell’odio, tornare indietro dopo averci messo la faccia con comunicazioni così importanti a livello internazionale. Per questo motivo, credo, hanno continuato a perseguire la strada iniziale nonostante la pochezza dell’impianto accusatorio.

La stampa é arrivata addirittura a procurate testimoni rivelatisi del perlopiù inaffidabili o ininfluenti. Credi che senza l’influenza mediatica il processo sarebbe potuto risolversi in maniera più rapida?
Penso che la stampa sia stata un'arma a doppio taglio per noi e per gli inquirenti. Da una parte ci ha affossato, dall’altra abbiamo avuto l'opportunità di spiegare e far valere le nostre indagini e risultanze oggettive. I testimoni di cui parli sono stati portati in pompa magna davanti ai Giudici dall'Accusa nonostante fossero totalmente inaffidabili, nonostante avessero parlato, molto tempo dopo l’inizio delle indagini, prima con i giornalisti e poi con gli inquirenti.

Chi è Raffaele oggi? Quali sogni e quali progetti?
Oggi Raffaele è un ingegnere informatico, provato da tante esperienze distruttive e psicologicamente ingestibili, ma con tanta voglia di fare, affrontare le sfide e riscattarsi da tutti questi anni bui. A tal proposito ho lanciato una startup vincendo un bando di concorso regionale, che ha permesso di sviluppare un portale per la commemorazione dei cari estinti dove si possono acquistare corone di fiori, urne, pulizia delle cappelle o delle lapidi ed al termine del servizio richiesto forniamo una fotografia in alta risoluzione del lavoro svolto. Nello stesso portale c'è inoltre annesso un Social sul quale l'utente può creare il profilo del caro estinto aggiungere foto, video ed eventi, ed invitare gli altri utenti a partecipare. Il tutto comodamente da smartphone o pc che sia. Il portale è www.beonmemories.com, il social annesso lo potete trovare su social.beonmemories.com.

di Cristina Sartori
© Riproduzione riservata

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