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Stanare i furbetti del cartellino grazie agli investigatori privati

Tempi duri per i dipendenti pubblici, la giurisprudenza legittima i controlli difensivi sui suoi dipendenti anche tramite gli investigatori privati

La ormai consolidata giurisprudenza della Suprema Corte afferma la legittimità dei controlli difensivi sui propri dipendenti, al fine della tutela del patrimonio dell’azienda medesima. Di seguito si segnalano due importanti arresti giurisprudenziali che aprono le porte a procedure più snelle e veloci nell’individuazione e repressione del comportamento del dipendente infedele per il tramite di agenzie investigative.

La Corte dei Conti Sezione II giurisdizionale Centrale di Appello, con la  recente sentenza n. 71/2016, in riforma della sentenza di primo grado, ha escluso la responsabilità per colpa grave del Dirigente pubblico per essersi avvalso di una agenzia investigativa esterna e privata, piuttosto che affidare le indagini a servizi interni all’ente di appartenenza.
I giudici della Corte hanno ritenuto legittimo il ricorso ad un’agenzia investigativa privata per stanare gli abusi di un dipendente ufficialmente in congedo parentale.
Per la Corte deve infatti ritenersi che «l’urgenza» abbia indotto «ad utilizzare il mezzo che appariva attendibilmente più idoneo, anche per la prevedibile maggiore rapidità d’intervento, a disvelare il comportamento del dipendente sospettato di svolgere attività retribuita presso terzi nel periodo di congedo parentale».
«Tanto più – si legge nella sentenza – deve escludersi la gravità della colpa ove si consideri che la legittimità del ricorso ad un’agenzia investigativa privata, peraltro affermata anche dalla Sezione territoriale della Corte dei Conti che, sul punto, non ha aderito alla prospettazione accusatoria, era stata avallata da un consulente del lavoro che, appositamente interpellato sulle iniziative da intraprendere nei confronti del dipendente, aveva suggerito di accertare la veridicità delle ipotizzate violazioni contrattuali contattando, appunto, un’agenzia investigativa».
La Corte ha ritenuto anche di escludere la colpa grave del Dirigente il quale, oculatamente, nella causa di lavoro seguita all’impugnazione del licenziamento da parte del dipendente, aveva chiesto al Tribunale il risarcimento dei danni, ivi compreso il rimborso delle spese sostenute dall’Ente per essersi avvalso dell’Agenzia investigativa.

I tempi, quindi, si prospettano difficili per i dipendenti pubblici, dal momento che la macchina pubblica ora da una parte può avvalersi di strumenti più snelli e veloci per procedere ai controlli sulla fedeltà dei propri dipendenti, servendosi di agenzie private, dall’altra trova anche una ampia spalla giuridica da parte della giurisprudenza di legittimità circa i licenziamenti per giusta causa, e dall’altra ancora trova il Governo che ha dettato una linea dura contro i “furbetti del cartellino”.

Si segnala inoltre la recentissima sentenza 10482 del 25.5.2016 con la quale la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo il licenziamento del dipendente per aver leso il vincolo fiduciario sussistente nei confronti del datore di lavoro.
Il dipendente, infatti, aveva incaricato un collega di “timbrare il cartellino” al suo posto, presentandosi poi al lavoro solo un’ora più tardi. Quell’oretta trafugata ha, per la Corte, rappresentato una condotta grave che può giustificare il licenziamento.

Sotto un altro fronte si segnala che vi è stato il via libera anche del Governo  alle strette sugli assenteisti nel pubblico impiego. Il Consiglio dei Ministri del 15 giugno ha approvato in via definitiva il cosiddetto “decreto fannulloni”, che intende inasprire le sanzioni e velocizzare i licenziamenti nei confronti di quanti timbrano il cartellino per poi assentarsi dal posto di lavoro. La norma è stata inserita nel pacchetto della riforma Madia dopo i vari casi di dipendenti pubblici sorpresi in atti illeciti, dal Comune di Sanremo ai più recenti arresti alla Asl di Caserta.
Se colto in flagrante il lavoratore sarà sospeso in 48 ore. 
Il decreto riguarda un preciso illecito disciplinare, cioè la falsa attestazione della presenza in servizio, in altre parole, chi timbra il cartellino ma poi non va a lavorare. Se il lavoratore è colto in flagrante o registrato dalle videocamere, entro 48 ore scatta la sospensione dal servizio e dalla retribuzione. Il provvedimento partirà d’ufficio, mentre finora era rimasto facoltativo: l’obbligatorietà era prevista solo per casi più gravi.

È, insomma, il momento giusto per gli investigatori privati di farsi avanti con le Amministrazioni Pubbliche al fine di poter soddisfare queste evidenti esigenze di celerità, speditezza e snellezza nella repressione dei furbetti del cartellino.

di Roberto Gobbi
© Riproduzione riservata

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